Ingiuria: la nuova multa e il risarcimento del danno
Offese: il procedimento civile per ottenere il risarcimento del danno in caso di ingiuria, la depenalizzazione, la prescrizione e la nuova sanzione civile.
L’ingiuria non è più reato, ma semplice illecito civile: la prima conseguenza della depenalizzazione approvata dal Governo Renzi è che la vittima non dovrà più denunciare il colpevole, né recarsi alla stazione dei Carabinieri o in Procura della Repubblica; dovrà piuttosto conferire mandato a un avvocato affinché intraprenda una ordinaria causa civile volta ad ottenere il risarcimento del danno. Non più, dunque, fedina penale sporca per chi offende l’onore o il decoro di una persona presente (anche con comunicazione telefonica, telegrafica, con il computer o con scritti o disegni). Piuttosto, al termine del giudizio civile, il giudice dovrà comminare al responsabile una multa: questa, però, a differenza del risarcimento del danno, non andrà nelle tasche della vittima, ma nelle casse dello Stato. Tale sanzione pecuniaria va da 200 euro a 12.000 euro.
In sintesi, l’ingiuria ha da oggi un duplice effetto: obbliga al risarcimento del danno verso il danneggiato (e il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni); obbliga al pagamento della sanzione civile verso lo Stato (anche in questo caso il diritto al pagamento della sanzione si prescrive in cinque anni).
Competenza e prova
Nelle ipotesi in cui il danno lamentato dalla vittima sia inferiore a 5.000 euro, la causa andrà instaurata innanzi al giudice di Pace. Per quelle di importo superiore la competenza è del Tribunale.
La vittima dell’ingiuria sarà dunque chiamata, innanzitutto, a una stima dell’offesa subìta. In assenza di elementi certi, il giudice effettuerà una valutazione “equitativa” sulla base, cioè, di quanto gli appaia giusto in relazione al caso concreto. In ogni caso, il danno dovrà essere oggetto di dimostrazione nel corso della causa: l’onere della prova, infatti, resta sempre a carico di chi intraprende il giudizio.
Procedimento per il risarcimento del danno
La riforma stabilisce che il procedimento per ottenere il risarcimento del danno da ingiuria debba essere avviato nelle forme ordinarie stabilite dal codice di procedura civile: sicché deve ritenersi che valga la regola generale secondo cui il giudizio va introdotto con citazione, al tribunale o al giudice di pace.
Se, oltre all’ingiuria, c’è la minaccia
Il reato di ingiuria, nella maggior parte dei casi, si accompagna a quello di minaccia, che non è stato depenalizzato. A essere stata cancellato è solo il reato di ingiuria singola. Più numerose sono, invece, le situazioni dell’ingiuria con minaccia. Da oggi, dunque, in caso di querela, i giudici dovranno stralciare l’ingiuria e perseguire solo la minaccia. Si avranno così due procedimenti paralleli e autonomi: quello penale, per la minaccia, e quello civile per l’ingiuria. In tal caso, per la minaccia, resta sempre l’obbligo della querela di parte.
La sanzione per l’ingiuria
Come detto la sanzione va da un minimo di 200 euro a un massimo di 12.000 euro e viene versata non alla vittima ma all’Erario in persona della Cassa delle ammende.
L’importo viene determinato sulla base delle seguenti variabili:
– gravità della violazione;
– reiterazione dell’illecito;
– arricchimento del soggetto responsabile;
– opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell’illecito;
– personalità dell’agente;
– condizioni economiche dell’agente.
Si ha reiterazione nel caso in cui l’illecito sottoposto a sanzione pecuniaria civile sia compiuto entro quattro anni dalla commissione, da parte dello stesso soggetto, di un’altra violazione sottoposta a sanzione pecuniaria civile, che sia della stessa indole e che sia stata accertata con provvedimento esecutivo.
Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.
Quando più persone concorrono in un illecito soggetto a sanzione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione pecuniaria civile per esso stabilita. In ogni caso, la sanzione ha carattere strettamente personale e, pertanto, l’obbligo «di pagare la sanzione pecuniaria civile non si trasmette agli eredi
La sanzione è comminata solo al termine del processo sempre che la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa venga accolta. Pertanto, in assenza di una citazione per il risarcimento del danno, il colpevole non subirà neanche la multa.
La sanzione deve essere comminata d’ufficio; non è necessaria la domanda dell’attore. Le richieste della parte danneggiata devono riguardare solo il risarcimento del danno.
La legge prevede che la sanzione pecuniaria civile non possa essere applicata quando l’atto introduttivo del giudizio è stato notificato nelle forme previste dal codice per le persone irreperibili, salvo che la controparte si sia costituita in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque conoscenza del processo.
Pagamento della sanzione
Il giudice può disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che il pagamento della sanzione pecuniaria civile sia effettuato in rate mensili da due a otto. Ciascuna rata non può essere inferiore a 50 euro. Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato per il pagamento, l’ammontare residuo della sanzione è dovuto in un’unica soluzione.
Il condannato può estinguere la sanzione civile pecuniaria in ogni momento, mediante un unico pagamento.
Per il pagamento della sanzione pecuniaria civile non è ammessa alcuna forma di copertura assicurativa.
Decesso e trasmissione dell’obbligo agli eredi
Nel caso di decesso del soggetto responsabile, l’obbligo di pagare la sanzione pecuniaria civile non si trasmette agli eredi. Si trasmette, tuttavia, l’obbligazione relativa al pagamento del risarcimento del danno, salvo che gli eredi abbiano rifiutato l’eredità.
Diritto di difesa del colpevole
L’applicazione delle norme del codice di procedura civile, implica che, in attuazione del principio del contraddittorio [4],il giudice, alla prima udienza, debba rilevare la questione relativa alla possibile sanzione civile applicabile alla fine del processo anche per consentire al presunto trasgressore di allegare elementi a suo favore tesi a escludere la sanzione o a contenerne il regime sanzionatorio.
Per esempio, per ottenere una decurtazione della pena, il trasgressore potrebbe dimostrare di aver eliminato o attenuato, con la propria condotta spontanea, le conseguenze dell’ingiuria; allegare la sussistenza di ingiurie reciproche al fine di beneficiare dell’esimente; dimostrare di avere agito nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui (e subito dopo di esso).
La prescrizione
Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento del danno, questa si prescrive in cinque anni (trattandosi di illecito extracontrattuale). Pertanto la causa andrà iniziata entro tale termine. La notifica della citazione sospende il decorso della prescrizione.
Una volta, però, che sia stata emessa la sentenza, la prescrizione diventa di dieci anni, come per ogni atto giudiziario.
Anche di cinque anni è la sanzioni pecuniarie, per espressa previsione del codice civile [5].
Nulla però è previsto in materia di sospensione o interruzione della prescrizione (a differenza di quanto avviene per le sanzioni amministrative).
Tenuto conto della natura della sanzione (civile) e del fatto che essa è accertata nei presupposti in seno al processo civile, deve ritenersi che, a vantaggio dell’Erario, costituisca atto interruttivo la domanda giudiziale del danneggiato che attiva il potere del giudice di irrogare la sanzione: per l’effetto, la prescrizione resta sospesa durante il corso del procedimento.
La lettera di diffida, con costituzione in mora del responsabile, interrompe solo la prescrizione relativa al diritto al risarcimento del danno ma non anche quella della sanzione pecuniaria.
Non si esclude la praticabilità di una opzione interpretativa diversa ossia che l’irrogazione della sanzione debba comunque intervenire entro cinque anni dal giorno in cui il fatto è stato compiuto (in mancanza di una disciplina ad hoc in materia di sospensione o interruzione): ma questo percorso isola il regime giuridico prescrizionale dando luogo a una disciplina non lineare.
La contumacia del responsabile
La sanzione pecuniaria civile non può essere applicata quando l’atto introduttivo del giudizio è stato notificato nelle forme previste per la notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti [3], salvo che la controparte si sia costituita in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque conoscenza del processo [6].
Come si impugna la sanzione civile per ingiuria?
Il richiamo alle norme del codice di procedura civile induce a ritenere che, contro il provvedimento di condanna del giudice, l’unica tutela possibile è l’impugnazione: dunque, per le sentenze in primo grado, l’appello; per quelle in secondo grado, il ricorso in Cassazione.
[1] D.lgs. n. 7/2016.
[2] Art. 8, comma 3, del Dlgs 7 del 2016.
[3] Art. 143 cod. proc. civ.
[4] Art. 101 cod. proc. civ.
[5] Art. 2947 cod. civ.
[6] La relazione illustrativa offre una spiegazione di questa scelta: «poiché nel processo penale la stessa legge n. 67 del 2014 ha introdotto norme che consentono di pervenire alla condanna solo laddove l’imputato abbia avuto conoscenza certa del procedimento a suo carico, al fine di assicurare analoghe garanzie nell’ambito della tutela sanzionatoria civile, si è escluso che il giudice possa irrogare la sanzione laddove la notifica dell’atto introduttivo sia avvenuta nelle forme di cui all’art. 143 cod. proc. civ., concernente le modalità di notificazione a persona irreperibile. Le predette garanzie e cautele vengono meno laddove, anche nel corso del giudizio, emerga con certezza che il convenuto, sebbene non costituitosi, abbia avuto conoscenza della pendenza del procedimento».
Fonte: www.laleggepertutti.it
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