24 settembre 2018

Il Museo delle vittime del genocidio

Vilnius – L’ultimo gesto di papa Francesco in Lituania, nel pomeriggio di ieri, è stato una visita e una preghiera a due monumenti: quello del ghetto ebraico, distrutto 75 anni fa dai nazisti, e quello delle vittime delle occupazioni e lotte per la libertà. Il pontefice ha anche visitato il Museo delle vittime del genocidio. Quest’ultimo è un edificio che una volta era usato come tribunale e poi adibito a prigione e luogo di tortura durante il regime comunista, abbandonato dal Kgb solo nel 1991. Si calcola che almeno mille persone siano state giustiziate in questo luogo. 


Museo delle vittime del genocidio di Vilnius

Siamo a poche centinaia di metri dalla piazza della Cattedrale di Vilnius: un luogo fortemente simbolico per tutti i lituani e, più in generale, per tutti gli abitanti delle Repubbliche Baltiche. Qui, infatti, nell’agosto del 1989 partì la protesta popolare contro l’URSS: da Vilnius e fino a Tallinn due milioni di persone si tennero pacificamente per mano, formando una catena umana – la cosiddetta Catena Baltica – lunga circa 600 chilometri.


All’esterno il palazzo è abbastanza anonimo, austero come tanti altri che è possibile incontrare nelle grandi città dell’Est. Eppure questo non è esattamente un edificio come gli altri: e lo testimoniano, in un angolo, in basso, i nomi delle vittime incisi sulle pietre delle pareti esterne. Parliamo del Museo delle Vittime del Genocidio, forse più noto come Museo del KGB. A partire dal 1944, quando la Lituania tornò sotto il controllo dell’URSS, e fino al 1991, anno in cui il Paese riconquistò l’indipendenza, infatti, l’edificio è stato utilizzato dal KGB: oltre a ospitare i funzionari del Comitato per la Sicurezza di Stato, fungeva da luogo per gli interrogatori e da prigione per tutti gli oppositori politici del regime comunista. Secondo alcune stime, sono oltre mille le persone che qui hanno perso la vita soltanto tra il 1944 e gli anni Sessanta.


Ma la storia di orrore di questo palazzo parte ancora prima: dopo che i nazisti invasero la Lituania nel 1941, l’edificio fu adibito a quartier generale della Gestapo. Per rendersi conto della tragedia patita dal popolo lituano sotto i nazisti è sufficiente citare un dato: in tre anni, tra il 1941 e il 1944, soltanto a Vilnius (all’epoca considerata la Gerusalemme di Lituania) furono uccise circa 100.000 persone, un terzo degli abitanti della città, perlopiù ebrei.

Proprio per ricordare gli orrori dell’occupazione nazista prima e di quella sovietica poi, il Ministro della Cultura della Lituania, insieme con il gruppo dei prigionieri politici scampati alla morte e degli esiliati, ha voluto convertire il palazzo del KGB in un luogo della memoria. Il Museo delle Vittime del Genocidio è stato inaugurato ufficialmente nell’ottobre del 1992.

Organizzato su tre livelli, oggi ospita una collezione di documenti e reperti che testimoniano la brutalità della repressione subita dai lituani nei cinquant’anni di sottomissione agli occupanti tedeschi e russi. Non solo: nell’edificio sono conservati anche documenti della resistenza anti-nazista e anti-sovietica e oggetti appartenuti a oppositori e alle vittime del genocidio.

Ma la parte del Museo delle Vittime del Genocidio più significativa è rappresentata dalle prigioni che il KGB creò nel piano interrato dell’edificio nell’autunno del 1940. Originariamente le celle erano 50: furono poi ridotte a una ventina, in quanto alcune furono sacrificate per creare spazio agli archivi del Comitato per la Sicurezza di Stato. Oggi le celle visitabili sono 19.

Mentre si cammina lungo il corridoio su cui si affacciano le varie celle, aumenta il senso di disagio. Impossibile – anche per chi si ritiene mentalmente preparato: chi scrive, per dire, ha visitato in passato i campi di concentramento di Auschwitz, Birkenau e Mauthausen – non rimanere angosciati, soprattutto al pensiero che il KGB utilizzò l’edificio fino a poco più di vent’anni fa. Alcune istantanee: le due celle di isolamento, da 60 centimetri quadrati l’una; la camera della tortura dell’acqua, con i prigionieri costretti a stare in piedi su un basamento metallico di non più di 20-30 centimetri di diametro per non finire nell’acqua gelata che ricopriva tutto il pavimento della cella; le celle dalle pareti imbottite, completamente insonorizzate; il cortile esterno, con orribili gabbie metalliche, sovrastate dalle postazioni di guardia. Ad acuire il senso di orrore è anche il freddo che attanaglia il visitatore: siamo nel pieno della primavera, eppure, nonostante indossi un cappotto, avverto una sensazione di gelo. E in inverno, penso?

Forte è anche l’impatto della stanza delle esecuzioni: sotto il pavimento di vetro, sono esposti oggetti di uso quotidiano, da scarpe a occhiali, appartenuti a vittime del genocidio. Questi oggetti provengono dalla zona di Tuskulėnai, in Lituania, dove furono massacrate migliaia di persone.


Per chi non vuole dimenticare e non vuole rinunciare a riflettere anche in vacanza, il Museo delle Vittime del Genocidio di Vilnius è un luogo assolutamente da non perdere. È aperto dal mercoledì al sabato, dalle 10 alle 18, e la domenica dalle 10 alle 17. C’è la possibilità di effettuare visite guidate. Per info: www.genocid.lt/muziejus/ [Link]




Di seguito alcune foto che ho fatto durante uno dei miei viaggi a Vilnius.


































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