Il Vangelo non è mai stato così popolare nel Paese. Aumentano le conversioni soprattutto fra i più istruiti. Nella città di Wenzhou il 30% dei residenti è cristiano
Cina e Santa Sede. La «febbre cristiana» scuote il gigante ateo
Una Chiesa fortemente penalizzata dal contesto in cui si trova ad operare, e tuttavia vivace, con un suo dinamismo missionario. Questa, a detta degli esperti, la situazione dei 12 milioni di cattolici cinesi (metà dei quali si riconosce nella “Chiesa ufficiale”), che corrispondono a poco meno dell’1% della popolazione totale, circa 1,3 miliardi di abitanti. Detto che cifre aggiornate, affidabili e complete sulla presenza cattolica in Cina è quasi impossibile trovarne, possiamo rifarci agli studi di alcuni esperti per disegnare una mappa della presenza cristiana (e segnatamente cattolica) in Cina.
Scrive Rodney Stark ne Il trionfo della fede: «Le migliori statistiche disponibili collocano il numero dei cristiani presenti in Cina nel 1950, quando il nuovo regime comunista consolidava il proprio potere, in 4,2 milioni circa. Nel 1980, dopo parecchi decenni di repressione, il numero dei cristiani era probabilmente attorno ai 10 milioni. Se ammettiamo che, nel 2007, ci fossero 61 milioni di cinesi cristiani, allora dal 1980 al 2007 il tasso di crescita sarebbe in media del 7% annuo. Se questo tasso dovesse perdurare, nel 2030 ci saranno più cristiani in Cina che in qualsiasi altro Paese: 295 milioni». Gli ottimistici calcoli di Stark si riferiscono ai cristiani globalmente considerati (è noto che in Cina le comunità protestanti radunano molti più fedeli delle cattoliche), ma soprattutto si basano su proiezioni a partire da sondaggi.
Anthony Lam, autorevole studioso dell’Holy Spirit Study Center di Hong Kong, nel 2016 forniva relativamente alla Chiesa cattolica un quadro assai meno trionfalistico osservando che: «Ogni anno la Chiesa ha bisogno di 210mila nuovi battesimi soltanto per coprire le “perdite” naturali. Questo non include il drenaggio di fedeli da altre religioni o sette». Il punto è che, mentre tra il 2004 e il 2010 entravano nella Chiesa cattolica tra i 90 e i 100mila nuovi fedeli, oggi si assiste a una decrescita. Uno degli indicatori di vitalità di una Chiesa è il numero delle vocazioni sacerdotali e religiose. Ebbene: tra il 1999 e il 2004 abbiamo avuto 70-80 preti novelli l’anno, ma il loro numero è sceso a 50 l’anno nel periodo successivo (oggi i sacerdoti sono in totale 3.316). Calano anche i seminaristi sia nella Chiesa ufficiale sia in quella non ufficiale: nel 2014 quelli maggiori si erano ridotti a 560, mentre i minori erano 400; invece nella Chiesa non ufficiale si è passati dai 700 del 1996 ai 300 del 2014. Pure per le vocazioni religiose femminili la situazione non si presenta affatto rosea: le suore sono complessivamente 5.622. Quelle in formazione nel 1996 erano in totale 2.500, nel 2014 crollate a 156.
Secondo padre Gianni Criveller, missionario e sinologo del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), c’è però ragione di sperare nel futuro: «Oggi sono circa 70 milioni i cristiani cinesi (più del 5% della popolazione), di cui 12 milioni cattolici. Il loro numero è cresciuto soprattutto negli ultimi anni, quando si è sviluppato il fenomeno della “febbre cristiana”, definito il cristianesimo in Cina mai è stato così popolare e ben visto dalla popolazione».
Le aree più vivaci? Su tutte Baoding, nei pressi di Pechino (spesso teatro di persecuzione della comunità “sotterranea”), Hong Kong e Wenzhou: lì il 30% della popolazione è cristiana, il che ha meritato alla città l’appellativo di “Gerusalemme della Cina”. Il dato più incoraggiante, tuttavia, è che – in un Paese dove il 61% si definisce “ateo convinto” (il doppio rispetto ad ogni altra nazione del mondo) – a convertirsi a Cristo sono più i più ricchi e i più istruiti: un sondaggio condotto presso la prestigiosa Renmin University of China ha rivelato che il 62% degli interpellati dichiarava di essere «interessato» al cristianesimo. Perciò, nello speciale “Accenti” di La Civiltà Cattolica, dedicato alla Cina, padre Joseph You Guo Jiang può osservare che «il cattolicesimo cinese del XXI secolo ha davanti a sé molte sfide e opportunità », a cominciare dalla formazione di un laicato maturo e missionario.
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