13 luglio 2019

Facebook, dai post si può capire che malattie avete

Malattie mentali a parte, a volte molto evidenti, si possono diagnosticare dagli interventi sui social network anche diabete, depressione, ansia e altri 18 disturbi. 



Facebook, dai post si può capire che malattie avete

Chi usa abitualmente i social network finisce per condividere molti dettagli personali, persino quando non se ne avvede.

Uno studio condotto dalla Penn Medicine e dalla Stony Brook University ha svelato come, dai post pubblicati su Facebook, sia addirittura possibile eseguire una sorta di diagnosi dei disturbi sofferti dai loro autori.

La ricerca ha preso in considerazione quasi un milione di post scritti da 999 volontari: l'analisi è stata automatica, eseguita attraverso uno strumento informatico per l'elaborazione del linguaggio naturale, ed era mirata a individuare i sintomi di 21 condizioni mediche, dal diabete alla depressione, dall'ansia alla psicosi.

L'analisi ha funzionato: dalle parole scritte su Internet il sistema è stato in grado di dedurre quale fossero i disturbi accusati dalle varie persone, e ha fornito anche indicazioni sui vocaboli che possono costituire dei segnali di allarme per certe condizioni.

Per esempio, secondo gli studiosi chi usa parole come famiglia, Dio e pregare ha 15 volte più probabilità di avere il diabete; chi invece fa riferimento a testa, stomaco e dolore forse soffre di ansia; chi ha problemi con l'alcol, invece, scriverà cose come bottiglia e ubriaco (e ciò era forse facile da prevedere).

La ricerca non vuole implicare che tutti coloro i quali utilizzano quelle parole soffrano anche dei disturbi a esse collegati, ma è comunque statisticamente più probabile che questi vengano loro diagnosticati.

Per Raina Merchant, capo dei ricercatori, questa informazione è importante. «Per esempio, se qualcuno sta cercando di perdere peso e ha bisogno di aiuto nel comprendere le proprie scelte alimentari e i regimi d'esercizio, lasciare che chi lo aiuta dal punto di vista medico possa analizzare i suoi interventi sui social media potrebbe dare a quest'ultimo una comprensione più profonda degli schemi di comportamento soliti di quella persona, e aiutarla così a migliorarli».

D'altra parte, lo studio ci dice anche che forse i frequentatori di Facebook e soci mettono davvero fin troppo delle loro vite in Rete e che quei dati, pubblicamente accessibili, possono essere usati anche con intenti molto poco altruistici.

Pensiamo per esempio al mondo delle assicurazioni sanitarie: un domani, prima di concedere una polizza, l'assicuratore potrebbe decidere di eseguire un'analisi dei post pubblicati su Facebook, scoprire la possibile tendenza a soffrire di eventuali condizioni mediche non ancora diagnosticate e variare il premio di conseguenza.

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