18 luglio 2016

Nadia Comăneci, il 10 perfetto

Mi ha incuriosito questa mattina, ascoltare alla radio la storia del 10 Perfetto, quello conquistato da Nadia Comăneci alle Olimpiadi di Montreal, esattamente 40 anni fa.

Il 18 luglio 1976, la più grande ginnasta di sempre fece l'esercizio perfetto, ma i tabelloni olimpici, non concepiti per prevedere il massimo punteggio, registrarono '1.00'. Ne seguì una popolarità immensa, ma anche una vita difficile sotto l'ombra della dittatura dei Ceausescu


Fonte repubblica.it

Quaranta anni fa, il soldatino di Ceausescu era un grissino di bambina, era uno scricciolo snodato di 14 anni che dormiva ancora con la sua bambola preferita. Quel grissino sconvolse la tecnologia: i tabelloni olimpici del "Forum de Montreal", dove nel '76 andò in scena la ginnastica, non erano stati concepiti per prevedere che i giudici assegnassero "10" a una prova. In fondo non era mai successo e nessuno immaginava che potesse succedere: "Non esiste l'esercizio perfetto!", diceva anche Olga Korbut. Come tutti gli altri che li avevano preceduti, quei tabelloni canadesi arrivavano al "9" più decimali vari. L'apparizione del grissino di 14 anni, Nadia Comaneci, costrinse lo staff che trascriveva i risultati sui tabelloni a una specie di "scusate tanto ma più di così non possiamo fare!". Dopo l'esercizio alle parallele asimmetriche del grissino rumeno, il pubblico del Forum de Montreal vide infatti scritto: "1.00". Rimasero tutti confusi. L'allenatore della Comaneci, l'ungherese Bela Karolyi, disse: "Ma non sarà una penalità?".

Si dovette aspettare lo speaker che con una voce rotta dalla commozione annunciava che per la prima volta nella storia della ginnastica un esercizio era stato giudicato perfetto, cioè da "10". Come il voto che Dudley Moore assegna alla sposa Bo Derek nel film di Blake Edwards (la sposa di un altro però...) e che diventa il titolo della pellicola. Con quel "10" cominciava la storia. Ma una storia che ha un "10" come antefatto è qualcosa di più: è già leggenda. Ve la ricordate Nadia e i suoi tre ori alla trave, alle parallele asimmetriche e nel concorso individuale (più l'argento a squadre)? Ricordate quelle trasmissioni di luglio in cui solo per qualche italiano di colpo la televisione smise di essere in bianco e nero? Ricordate quante volte ascoltavamo in diretta, alla radio, le gare di scherma, e quanta attesa per l'argento della sciabola azzurra dei Montano? Con Alberto Juantorena, Kornelia Ender e Nikolaj Andrianov, Nadia fu la stella di quelle olimpiadi, la principessa di quelle notti "live", il primo colore sgargiante della tv italiana che raccontava lo sport. Magliettina bianca rigorosamente castigata e rigorosamente a maniche lunghe rifinita con il tricolore rumeno, i capelli raccolti a frangetta davanti e a coda di cavallo dietro, con un nastro bianco e rosso.



Quattro anni prima, più bambina della bambina che ancora era quattro anni dopo, Nadia ammirava sul divano di casa proprio le gesta della Korbut, che fu la prima a effettuare un salto mortale alle asimmetriche e che faceva impazzire tutte le piccole ginnaste dell'Est Europa: "Un giorno saremo come lei?".  Nadia non si è mai resa conto della sua "perfezione", in quel giorno che ha cambiato per sempre la ginnastica: "Non mi sembrava di aver fatto un esercizio così perfetto. L'uscita non fu proprio impeccabile". A quanto pare fu l'abisso fra lei e le altre che spinsero la giuria al "10" spartiacque (per la rumena ne seguirono altri sette in poche ore). Adesso ci sarà per sempre un prima e un dopo Comaneci. Il dopo agonismo della ragazza invece fu invece un groviglio di paure, dolore e, si presume, abusi. Dopo aver ricevuto onori e glorie al suo ritorno in patria ("Eroe del lavoro socialista"), Nadia venne usata come un pupazzo da réclame e accolta nella reggia del dittatore come se quello fosse l'unico sbocco sociale della sua grandezza sportiva: entrare a far parte di un'aristocrazia malata. Il figlio scellerato del dittatore ne fece una cosa sua. Nadia aveva solo 17 anni. Nicu Ceausescu fu successivamente accusato di violenza sessuale ma ciò non gli impedì di tenersela vicino per anni. Vivere da amante di Nicu portò Nadia al delirio. Una sera, nella villa che aveva ricevuto in regalo dal governo, in cui viveva sola, lontana dalla sua famiglia, e dalla quale poteva uscire soltanto a bordo di una macchina di stato, tentò di suicidarsi con la candeggina. Ma non sarebbe stata una morte da "10".

Era passato relativamente poco tempo da Montreal. Ma la ginnastica "era così lontana che mi sembrava che non fossi mai entrata in una palestra in vita mia". Comunque riprese e vinse due ori e due argenti anche a Mosca nell'80 (che passano chissà perché in secondo piano). Una notte, più disperata che carica di gioia olimpica, fuggì di notte a piedi, dalla villa e da Bucarest, voleva farla finita, s'era portata dietro il necessario, aveva con sé una sola medaglia, le altre le aveva perse, o qualcuno gliele aveva rubate, o magari non gliene fregava più niente.  Si rifugiò in Ungheria "con un gruppo di profughi, vestita di stracci, con la faccia che m'ero sporcata con la terra". Poi entrò in Austria e chiese asilo politico agli Stati Uniti tramite l'Ambasciata di Vienna. Era il marzo del 1989. Aveva 27 anni e una giovinezza quasi non vissuta, eppure già piena di rughe. Un mese dopo il crollo del muro di Berlino, Ceausescu venne arrestato, processato e condannato a morte. Nicu fu mandato a marcire in carcere, dove morì a 45 anni di cirrosi epatica.

Nadia tornò in Romania all'inizio del '90 e poi nel '96 per sposarsi con il suo amato Bart. Aveva smesso con la ginnastica prima dei Giochi di Los Angeles dell'84. Quella sua grandezza, Nadia, l'ha pagata a caro prezzo. Adesso ha 54 anni e ricorda: "Era come vivere in una prigione laccata d'oro, non potevo ricevere nessuno, né a casa mia né nei lussuosi alberghi in cui alloggiavo, viaggiando per la Romania ed in tutto il mondo, quando il signor Nicu Ceausescu ed il suo potentissimo padre Nicolae mi esibivano, sfruttando la mia popolarità, come fiore all'occhiello del regime. Quando sono scappata sapevo che i fucili delle guardie avrebbero potuto uccidermi". Fu grazie all'aiuto di una delle sue cameriere (l'unica di cui potesse fidarsi) che finse di non essersi accorta di nulla. Passerà dei guai, la cameriera, venne arrestata dalle guardie di Ceausescu e si salvò dalla condanna a morte soltanto perché a morte fu condannato prima Ceausescu. Un "10" l'avrebbe meritato anche la cameriera. Ora lo sport è tornato nella sua vita, ha un clinica dove cure le distrofie dell'infanzia, lavora per il comitato olimpico rumeno. Nel dicembre del 2003 ha pubblicato un libro, "Letters to a young gymnast". Storie che insegnano quando sia pericoloso crescere e vincere troppo in fretta.

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