19 marzo 2017

Infilzato come uno spiedino. E' vivo

Una di quelle vicende che al campionato di storie incredibili vincerebbe il primo premio a mani basse. Non escludiamo che il fatto di chiamarsi Santo e di avere una fede granitica non abbia influito in questa vicenda ai limiti del paranormale.


Cade da tetto, trapassato da una lancia, sopravvive per miracolo

Un ex bancario di 74 anni trafitto a Caltagirone dal fianco sinistro alla scapola destra da un tondino di ferro arrugginito di 15 millimetri di diametro. Senza toccare organi vitali

CATANIA – Volato giù da tetto di casa e letteralmente infilzato da una barra di ferro che l’ha trapanato come una lancia, entrata dal fianco sinistro fino ad uscire fuori dalla scapola destra, un bancario in pensione di 74 anni, dato per spacciato, ce l’ha fatta e dopo tre settimane di interventi e sala rianimazione è pronto per lasciare l’ospedale Cannizzaro di Catania. «So di essere un miracolato», racconta e sorride Santo Busacca, una fede granitica nei Testimoni di Geova e nel professore Maurizio Nicolosi, il chirurgo toracico che ha coordinato le quattro équipe entrate in azione il 24 febbraio, quando scattò un allarme scambiato per uno scherzo.

«Sembrava uno scherzo»

«In sala operatoria per uomo con lama nel corpo. Non credevamo ai nostri occhi vedendo arrivare in elicottero quel Cristo trafitto, gli spuntoni arrugginiti di un tondino di ferro da 15 millimetri che uscivano dal fianco e dalla spalla», ricorda Nicolosi, allora certo che la barra avesse forato organi vitali, che bisognasse attrezzarsi per evitare emorragie letali. Ma il miracolo sta proprio nel fatto che quell’asta rugosa, adesso esposta come un trofeo in ospedale, è penetrata come una freccia solo sfiorando la milza, insinuandosi fra le pieghe dell’intestino senza bucarne un solo centimetro, passando davanti al diaframma risparmiandolo e continuando la corsa in diagonale solo lacerando il lembo di un polmone, ma salvando aorta, arterie e vene polmonari, prima che la punta squarciasse la spalla, pur senza scalfire un osso, sbriciolando solo qualche cartilagine.

Ansia e sorpresa tra i medici


«Dire che ci è bastato sfilare la barra sarebbe riduttivo, ma in qualche modo è quello che è accaduto», commenta Nicolosi. Evocando l’ansia e la sorpresa di medici e infermieri in sala operatoria: «Certo, avevamo prima praticato un’incisione orizzontale sotto il capezzolo, anche per bloccare con i lacci emostatici tutti i vasi a rischio. Ma, quando abbiamo lentamente rimosso la barra, ci è apparso chiaro che il signor Busacca era stato protetto dal destino, dalla fortuna, dal Signore, come se qualcuno avesse teleguidato caduta e impatto con il tondino».

Caduto dal tetto

A quella caduta, a quel volo dal tetto, bisogna ritornare per capire cosa ha rischiato il bancario con casa, moglie e due figlie nel centro di Caltagirone, e con una villetta di campagna a pochi chilometri dal paese di don Sturzo e delle ceramiche, in contrada Mazzarrone, dove corre quando può. Quel giorno arrivò di buon’ora scoprendo che dai rubinetti non usciva acqua per un guasto ai serbatoi collocati sul tetto. «Presi la scala, mi arrampicai, ma una tegola deve aver ceduto...», ricorda. Un piede in fallo, le mani che s’afferrano al bordo dei contenitori ed eccoci al volo, preceduto dalla caduta di intonaco e calcinacci che, come in una carambola, finiscono alla base di un tondino di ferro da tre metri, appoggiato alla parete della casa. Adesso scatta la moviola dei flash rimasti impressi nella memoria del signor Busacca: «Una pietra o una tegola si abbatte alla base del tondino facendolo staccare per un istante dal muro, lasciandolo dritto e teso come un palo di vigna piantato a terra e io ci casco sopra senza potere frenare una corsa devastante». Un attimo dopo, a terra, impalato da quel giavellotto grinzoso, Busacca ha la forza di prendere il telefonino che ha in tasca e chiamare la moglie.

I soccorsi


Il resto è una corsa di ambulanze, medici e infermieri che sedano lo sventurato, di vigili del fuoco pronti a segare il resto della barra, lasciando solo due spuntoni, prima di adagiare il Cristo su un elicottero diretto al Cannizzaro. «Quella caduta è diventata l’incubo delle mie notti, da quando mi sono svegliato dopo due settimane di rianimazione», confida Busacca che non ha memoria nemmeno del volo in elicottero. Dettagli che moglie e figlie raccontano mentre lui indossa la panciera e il corpetto per la spalla, ascoltando le raccomandazioni di Nicolosi: «Ancora un po’ di letto e poltrona, poi riprenderà la vita di sempre». Adesso si preparano a fare il giro del web sia le riproduzioni della Tac con lo scheletro trapanato dalla barra, sia le foto del professore Nicolosi con quella lancia ripulita in mano. «Questa me la porto a casa», azzarda scherzando con il direttore generale dell’ospedale, Angelo Pellicanò, fiero della rapidità con cui quel giorno quattro équipe si ritrovarono pronte a una emergenza mai vista prima.


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