Quella di Amore e Psiche è una favola senza tempo, metafora dell’eterna lotta tra razionalità e istinto, tra cuore e cervello. A scriverla fu, nel II Secolo d.C, lo scrittore latino Apuleio nelle sue “Metamorfosi”. Metafora dell’eterna battaglia tra razionalità e istinto, tra cuore e cervello, la leggenda racconta la storia del Dio Amore (Cupido) e della bellissima Psiche.
(Nella foto: Amore e Psiche di Antonio Canova - Louvre, Parigi)
LA LEGGENDA – “Vi erano in una città un re e una regina. Questi avevano tre bellissime figliole. Ma le due più grandi, quantunque di aspetto leggiadrissimo, pure era possibile celebrarle degnamente con parole umane; mentre la splendida bellezza della minore non si poteva descrivere, e non esistevano parole per lodarla adeguatamente”. Inizia così la leggenda che narra la storia di Amore e Psiche. Psiche era bellissima, la sua grazia e il suo splendore erano tali da attirare le invidie di Venere (Dea della bellezza) che, per vendicarsi, decise di chiedere aiuto a suo figlio Amore (Cupido). L’invidiosa dea chiese a suo figlio di colpire Psiche con una delle sue infallibili frecce e di farla innamorare dell’uomo più brutto della terra. Amore accettò ma, una volta arrivato di fronte alla fanciulla, rimase così incantato dalla sua bellezza da distrarsi al punto che una delle sue frecce lo colpì, facendolo innamorare perdutamente della splendida fanciulla.
LA STORIA D’AMORE – Per vivere il suo amore “mortale” il Dio, di nascosto dalla madre, portò Psiche nel suo palazzo senza rivelarle la sua identità. Ogni sera, al calar del sole, Amore andava dalla fanciulla e, senza mai mostrarle il volto, i due vivevano intensi momenti di passione. La giovane principessa aveva accettato il compromesso ma, si sa, la curiosità è donna e una notte, mentre Amore dormiva, Psiche si avvicinò al suo volto con una lampada restando folgorata dalla bellezza del suo amante. Mentre ammirava il profilo di Amore, però, una goccia d’olio della lampada cadde accidentalmente sul giovane che, risvegliatosi, scappò via abbandonando la fanciulla.
LE PROVE E IL LIETO FINE – Quando Venere venne a sapere dell’accaduto scatenò la sua ira su Psiche che, per punizione, venne sottoposta dalla Dea a difficili prove. La principessa superò brillantemente le prove, anche grazie all’aiuto di vari esseri divini, e questo fece ancora più infuriare Venere che le pose un’ultima prova: discendere negli inferi e chiedere alla dea Prosepina un po’ della sua bellezza. Come ordinatole dalla Dea, Psiche si recò negli inferi ma, stavolta, fallì. Nonostante le fosse stato ordinato di non aprire l’ampolla donatale da Prosepina la fanciulla, incuriosita, aprì il l’ampolla dalla quale uscì una nuvola che fece cadere Psiche in un sonno profondissimo. Intanto Amore, preso dalla nostalgia, andò alla ricerca della sua amata e, quando la trovò, la risvegliò. Per non rischiare di perderla di nuovo Amore condusse Psiche sull’Olimpo dove, grazie all’appoggio e all’aiuto di Giove, la giovane principessa, dopo aver bevuto dell’ambrosia, divenne una dea. La leggenda si conclude con il matrimonio dei due innamorati e la nascita di una bellissima bambina che prese il nome di Voluttà.
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