Autore di quasi novecento dipinti e più di mille disegni, senza contare i numerosi schizzi non portati a termine e i tanti appunti destinati probabilmente all'imitazione di disegni artistici di provenienza giapponese. Tanto geniale quanto incompreso in vita, van Gogh influenzò profondamente l'arte del XX secolo. Dopo aver trascorso molti anni soffrendo di frequenti disturbi mentali, morì all'età di 37 anni per una ferita da arma da fuoco, molto probabilmente auto-inflitta. In quell'epoca i suoi lavori non erano molto conosciuti né tantomeno apprezzati.
Van Gogh iniziò a disegnare da bambino, nonostante le continue pressioni del padre, pastore protestante che continuò ad impartirgli delle norme severe. Continuò comunque a disegnare finché non decise di diventare un pittore vero e proprio. Iniziò a dipingere tardi, all'età di ventisette anni, realizzando molte delle sue opere più note nel corso degli ultimi due anni di vita. I suoi soggetti consistevano in autoritratti, paesaggi, nature morte di fiori, dipinti con cipressi, rappresentazione di campi di grano e girasoli. La sua formazione si deve all'esempio del realismo paesaggistico dei pittori di Barbizon e del messaggio etico e sociale di Jean-François Millet. [Wikipedia]
Le 10 opere più celebri di Vincent van Gogh
Tanto geniale quanto incompreso nella vita, Vincent van Gogh influenzò profondamente l’arte del XX secolo
MILANO – “Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento artista, creatore… con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell’arte”. Tanto geniale quanto incompreso in vita, Vincent van Gogh influenzò profondamente l’arte del XX secolo. Con l’occasione della mostra a Verona Seurat-Van Gogh-Mondrian. Il Post Impressionismo in Europa, vi proponiamo una piccola selezione delle sue opere, realizzate in ordine cronologico nell’arco della sua breve vita.
1. I MANGIATORI DI PATATE – Si tratta del dipinto più importante del periodo olandese di Van Gogh, prima del suo trasferimento a Parigi. Vincent lavorò su questa tela dal 13 aprile fino all’inizio di maggio del 1885, periodo in cui il pittore aveva quasi ultimato l’opera eccetto per alcuni cambiamenti apportati più tardi ma sempre nello stesso anno con un piccolo pennello. La personalità di Van Gogh comincia ad emergere con le ‘opere clandestine’ del periodo olandese, quando inizia ad impegnarsi su decine di studi su alcuni temi particolari, come i mangiatori di patate, il suo primo capolavoro.
2. I GIRASOLI – Sono una serie di dipinti realizzati tra il 1888 e il 1889. Tra i soggetti preferiti dal pittore, sono oggi tra le sue opere più riconoscibili e note presso il grande pubblico.
3. NOTTE STELLATA SUL RODANO – Dipinto nel 1888 durante il suo soggiorno ad Arles, quest’opera magistrale è tutta giocata attraverso vibranti pennellate e sul rimando dei riflessi tra acqua e cielo: una poesia notturna al chiaro di luna.
4. TERRAZZA DEL CAFFÉ LA SERA, Place du Forum, Arles – È un dipinto realizzato nel 1888, conservato nel Museo Kröller-Müller di Otterlo. Van Gogh dedicò diversi quadri a questo soggetto. In una lettera, lo stesso artista descrisse le circostanze in cui aveva realizzato l’opera: “Finora non mi hai detto se hai letto Bel-Ami di Guy de Maupassant oppure no e cosa ne pensi del suo talento. Te lo dico perché l’inizio di Bel Ami contiene una descrizione di una notte illuminata di stelle a Parigi con i caffè vivacemente illuminati sul boulevard ed è pressappoco lo stesso soggetto che ho appena dipinto”.
5. LA CAMERA DI VINCENT AD ARLES – Realizzato nell’ottobre del 1888, Il dipinto mostra la camera da letto del pittore, dipinta nell’attesa dell’arrivo ad Arles di Paul Gauguin, amico dell’artista: l’incontro avrebbe dovuto dar luogo alla nascita di un circolo artistico. I toni del verde e del celeste mirano a dare un senso di tranquillità e comoda serenità, rinforzati dalla figurazione pittorica che si sofferma sul grande letto e sui pochi oggetti nella stanza, ordinata e pulita. Van Gogh avrebbe voluto esprimere nell’opera un senso di tranquillità, ma il risultato è un senso d’angoscia dovuto alla linea nera che contorna gli oggetti, ai colori netti e privi di ombre e alle pareti e al pavimento inclinati, quasi sul punto di crollare, dando la sensazione che tutto stia lentamente scivolando verso sinistra.
6. AUTORITRATTO CON ORECCHIO BENDATO – Alla fine del 1888, la convivenza di Van Gogh e Gauguin finì in tragedia: il 23 dicembre, infatti, Vincent si tagliò l’orecchio destro con un rasoio e lo portò a una prostituta alla quale si era affezionato. Rimessosi, dopo due settimane in ospedale, si ritrasse più volte con l’orecchio fasciato. Il volto dell’artista è smunto, lo sguardo perso nel vuoto: il cappello e il cappotto, indossati anche in casa, sembrano suggerire assenza di riscaldamento, che forse, per le condizioni economiche sempre precarie, l’artista non poteva permettersi; ma possono avere anche il significato più profondo di riparo da un mondo che Vincent ritiene ormai nemico. Questo ritratto conferma che l’esperienza con Gauguin era stata veramente estrema per Van Gogh, che trascorrerà il suo ultimo anno e mezzo di vita in una solitudine in parte volontaria, in parte forzata.
7. NOTTE STELLATA – Sin dal suo arrivo ad Arles, nel 1888, la rappresentazione degli ‘effetti di notte’ diventa una preoccupazione costante per Van Gogh. Nel periodo di ricovero in manicomio l’artista realizza “Notte stellata”, opera che si coglie con immediatezza, apparentemente semplice, ma di natura molto complessa. Nel periodo di realizzazione di questa tela, i quadri di Van Gogh si caricano di significati simbolici: il cipresso rappresenta quasi l’aspirazione all’infinito, la forza della pace cercata, specchio dell’anima del pittore; il paesaggio, a prima vista idilliaco e riconciliante, manifesta invece la personalità tormentata di Van Gogh. Le colline, trattate con linee ondulate e parallele, sembrano minacciose acque ribollenti, mentre il cielo vorticoso, con stelle più o meno splendenti, pare percorso da pericolose palle di fuoco trascinate dalla corrente dello spazio. Questo effetto è dato dall’artista grazie alla particolare tecnica pittorica: il colore, di consistenza molto fluida, è steso con uno spessore minimo, a piccoli tocchi ravvicinati, lasciando a tratti piccoli spazi vuoti, dai quali si intravede anche la trama della tela sottostante che, in corrispondenza delle stelle, ne simula il tremolio.
8. RAMO DI MANDORLO IN FIORE – Dipinto a Saint Rémy nel 1890, la tela fu un regalo che lo stesso pittore fece al fratello Theo Van Gogh e alla moglie Johanna Bonger per la nascita del loro figlioletto, di nome Vincent Willem. Come simbolo di vita, Van Gogh scelse i rami del mandorlo, uno dei primi alberi in fiore che, nel soleggiato sud, in quel febbraio annunciava l’imminente primavera. L’opera fu sicuramente ispirata dalle stampe giapponesi, probabilmente la prima di una serie che Vincent non riuscì a terminare perché sconvolto da una crisi.
9. LA CHIESA DI AUVERS – Dopo che Van Gogh lasciò l’ospedale di Saint-Rémy il 16 maggio 1890, lasciò il sud della Francia per dirigersi a nord. Fece visita al fratello Theo van Gogh a Parigi e quindi si recò ad Auvers-sur-Oise, su consiglio dell’amico Camille Pissarro, per essere sottoposto alle cure del dott. Paul Gachet. Qui Van Gogh trascorse le ultime dieci settimane della sua vita ed in questo breve lasso di tempo dipinse oltre 100 quadri, compreso La chiesa di Auvers.
10. CAMPO DI GRANO CON VOLO DI CORVI – Realizzato nel luglio del 1890, questo dipinto è ritenuto, ma probabilmente erroneamente, l’ultimo quadro dipinto da Van Gogh prima di morire. Generalmente critici e storici dell’arte vedono in questo quadro una rappresentazione dello stato d’animo tormentato e angosciato dell’artista: la tela è uno straziante grido di dolore, accentuato dal ritmo vorticoso delle pennellate, mediante le quali egli proietta il proprio stato d’animo e la propria dimensione di sofferenza sulla realtà circostante. È noto che l’artista nutriva un profondo rispetto nei confronti delle forze della natura, e questo spiega perché dipinse cieli agitati in molte delle sue opere: egli infatti riteneva che il soggetto fosse dotato di un incalcolabile potenziale artistico se riprodotto su di una tela.
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