28 febbraio 2018

La figlia di un agente scrive all'odiatrice

"Cara professoressa, ti parla la figlia di un appartenente alle forze dell’ordine. Tu che gli urli «dovete morire»: sappi che ogni volta che mio padre si allaccia gli anfibi e si chiude il cinturone ho davvero paura che qualcuno lo faccia morire". Inizia così la lettera aperta, a dire il vero un po' troppo da Libro Cuore, che la figlia di un poliziotto scrive alla signora.



La lettera aperta della figlia di un agente all’insegnante che urla contro la polizia

È polemica sulle frasi della maestra al corteo antifascista: “Poliziotti, dovete morire”. La replica: “Tu non sai cosa vuol dire vivere di turni e imprevisti”

Cara professoressa, ti parla la figlia di un appartenente alle forze dell’ordine. Tu che gli urli «dovete morire»: sappi che ogni volta che mio padre si allaccia gli anfibi e si chiude il cinturone ho davvero paura che qualcuno lo faccia morire.  

È l’incipit della lettera aperta che la figlia di un carabiniere ha scritto a Lavinia Flavia Cassaro, la maestra che a Torino ha insultato pesantemente le forze dell’ordine che fronteggiavano il corteo degli antagonisti intenzionato a bloccare un’iniziativa di Casapound. A diffondere la lettera è stato il Cocer, l’organismo di rappresentanza sindacale dei Carabinieri, che ha deciso di rendere pubblico lo scritto definendolo una «grande lezione di educazione civica». La questura di Torino ha intanto trasmesso una informativa in procura sul caso dell’insegnante. 

Nel rapporto non sono contenute ipotesi di reato, che sono lasciate al vaglio dei magistrati. Ecco come continua la lettera: 

«Forse tu non sai cosa vuol dire. Tu non sai cosa vuol dire vivere di turni, vivere di imprevisti, di compleanni in cui nelle foto ci sono tutti: tranne lui. Del pranzo di Natale che diventava freddo a forza di aspettarlo. Del cuscino vuoto accanto a mia madre. Del freddo, del sonno, del sangue sulla strada, degli insulti che gente come te ogni giorno rivolge a chi indossa una divisa. 
Cara professoressa, hai mai provato ad accarezzare la stoffa della giacca di un poliziotto o di un carabiniere? Sai non è di un cotone morbido, non è il lusso che tutti credono che lo Stato regali a quegli uomini e a quelle donne in divisa. 
Cara professoressa, tu sai che mentre auguravi a quei ragazzi la morte, a casa c’erano i loro bambini che si erano appena addormentati e che si aspettavano di vedere i loro papà il giorno dopo come tutti i giorni? Lo sai che c’erano madri, fidanzate e mogli che in quel preciso momento stavano pensando a loro? E stavano pensando se magari potevano avere troppo freddo là fuori?  

Non sono dei mostri come li dipingete. Ma sono persone. Le stesse persone che chiamate a tutte le ore se avete bisogno di aiuto, e loro anche se voi gli augurate le morte vengono ad aiutarvi: perché hanno giurato di esserci, e quella divisa che tanto odiate rappresenta anche questo. C’è chi della propria divisa ne fa un abuso, come ovunque c’è la mela marcia e sono concorde nel punirlo adeguatamente secondo le leggi, ma non per questo bisogna augurare il male a tutti coloro che indossano una divisa. Perché io nonostante tutto non auguro del male a nessuno e mai lo farò, perché mi hanno insegnato il rispetto per la vita di tutti.

Così, cara prof, ora vai e guarda negli occhi tuo padre e tuo marito/compagno/ fidanzato che sia (se ne hai uno), guardali negli occhi e cerca solo di immaginare cosa si possa provare: a sapere che tanta gente come te augura la morte a quegli uomini che per noi sono la vita. 

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