04 settembre 2017

Un ventenne scrive a Vacchi

La figlia di un vero dj scrive una lettera al Vacchi dj e gliele canta: "Mi sei simpatico, così come un pupazzo di neve o una scimmietta al circo". 


Lettera di una ventenne a Gianluca Vacchi

Emozionante lettera scritta dalla figlia di un DJ che BuzzMusic pubblica

È successo che Gianluca Vacchi si sia dichiarato DJ: «studiando da deejay sei ore al giorno, ho trovato la mia realizzazione: suono e sento che spargo vibrazioni positive». Così non ho potuto trattenermi dallo scrivergli.

Caro Gianluca Vacchi,

mi chiamo Alice ho 21 anni e vivo a Roma. Sono cresciuta tra vinili e piatti perché mio padre, che ha superato i 50 anni, fa il DJ. Uno vecchio stampo, di quelli che al tramontare del sole svuotava buona parte della libreria di casa contenente i dischi, per caricarli in macchina, alla volta del club. Fa il Dj perchè ama la musica e da quando ha 20 anni vive di quello.

A me oggi non manca nulla, certo non viviamo nella ricchezza, ma sono contenta perché vedo con i miei occhi i sacrifici che mio padre fa ogni giorno per rendere felice la sua famiglia. Io non ho l’iPhone di ultima generazione, per intenderci, ma sono contenta perché vedo mio padre felice quando parla di musica. La musica lo rende un eterno ragazzo, la musica lo rende il mio eroe.

Mi racconta spesso degli anni ’80 e ’90, di quando faceva l’alba mettendo ogni genere di musica, anche dischi rock o funky perché a fine serata, dopo aver lavorato per 4 ore, era permesso suonare quello che ti piaceva. Mi racconta di quando i pomeriggi li passava nei negozi di dischi ad ascoltare i nuovi arrivi per scegliere cosa comprare, si perché allora per lavorare, i dischi li dovevi comprare.

Mi racconta delle serate trascorse ad ascoltare colleghi più bravi e famosi di lui per imparare e rubare idee. Mi racconta di Marco Trani (pare sia stato un Guru e per lui l’ho visto piangere) mi racconta di Claudio Coccoluto (una leggenda vivente), mi racconta dei fratelli Micioni (fra i primi a diventare anche produttori), mi racconta di un giovane Giancarlino (un innovatore), mi racconta di quando personaggi di allora come Albertino o Linus facevano anche quattro show a week end, ma loro almeno i dischi li sapevano mettere. Mi racconta di quando Jovanotti metteva i dischi in un club che si chiamava Veleno (“era simpaticissimo e già parlava a raffica ma era scarso” cit.)

Oggi invece i tempi sono cambiati, i Dj non caricano e scaricano più casse piene di dischi, basta una chiavetta usb e un computer per avere a disposizione gratis qualsiasi tipo di musica si voglia suonare. E poi, oggi, sono tutti un po’ Dj. In cameretta, a casa degli amici, alle feste in piscina e anche nelle grandi e prestigiose discoteche.

Sì, perché basta avere un po’ di clamore social e le porte si spalancano. Fa parte del gioco, chiaramente. Personaggio in consolle con molti seguaci e fan = serata da tutto esaurito assicurata. Non importa poi se chi c’è dietro alla consolle sia un improvvisato e la pista si svuoti frantumando anni gloriosi scritti da chi il Dj lo fa per davvero. Così, a quanto pare, adesso accanto al nome Gianluca Vacchi c’è chi usa l’aggettivo DJ.

Ecco, caro Vacchi, a me ventenne sei anche simpatico, in fondo hai lo stesso approccio di qualsiasi 50enne che voglia apparire giovane, non sono una bigotta e la tua leggerezza fa bene ai miei 20 anni. Ma se potessi evitare di usare accanto al tuo nome la parola Dj te ne sarei grata, perché ultimamente non riesco più a guardare mio padre con lo stesso entusiasmo di prima.

Come già detto mi sei simpatico, così come un pupazzo di neve o una scimmietta al circo, ma io vorrei poter tornare a testa alta a dire in giro di essere, con orgoglio, la figlia di mio padre, professione Dj.

Alice

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